La gravidanza è un percorso intenso e impegnativo che rapisce due esseri umani li trasforma in mamma e papà. Lo sguardo si sofferma spesso sulla donna, in modo esplicito persona in trasformazione, mentre l’uomo si colloca spesso sfondo, dove più timidamente inizia la sua avventura di genitore. Quest’articolo è dedicato ai papà, che per nove mesi e oltre, sono “protagonisti-non protagonisti” della gravidanza.
L’arrivo di un bambino travolge, è un’avventura che cattura in tutte le dimensioni umane: psichica, corporea, sociale e soprattutto spiazza, spiazza costantemente.
Già dal primo giorno, quando nasce, la vita sembrerà un po’ sbeffeggiarvi, il nuovo arrivato è ben diverso da colui che per nove mesi ci si era immaginati: non gioca a calcio, non sorride appena vi vede (anzi potrebbe piangere) non vuole indossare i vostri vestiti e soprattutto non urla papà sei forte (magari davanti gli amici)! L’incontro con quell’esserino tanto atteso e tanto immaginato fa crollare ogni certezza, aspettativa e sicurezza di sé, chiedendovi di elaborare una nuova parte di voi e mettendovi di fronte al vostro destino di genitori -padri-. Ed è così che la vita vi avverte e vi ricorda che le cose difficilmente andranno come vi aspetterete e che il ruolo che vi spetta in questa nuova narrazione può essere soltanto uno: “protagonista-non protagonista”.
Bene cari papà, avete nove mesi per preparavi al fatto che il bimbo che nasce non è il bambino di 2, 3 anni che avete in mente, ma un esserino ancora indifeso che ha come unico punto di riferimento la vostra compagna che per l’appunto non avrà occhi che per lui/lei. Letteralmente vi “ruberà la donna”(oltrechè il sonno).
Per fortuna quei 9 mesi vi hanno allenato a non essere coccolato ma a coccolare e a non stare al centro dell’attenzione bensì a soddisfare gli altrui desideri, i bisogni e perchè no i capricci di qualcun altro (che non è la vostra compagna, cosa avete capito, ma l’esserino dentro di lei). Ora che nascerà, ancor di più vi occuperete dell’”altro” e certamente sarete felici come non mai, proprio perchè l’avventura che avete iniziato rapirà tutti i vostri sensi. Vi farà sperimentare che anche se non siete voi al centro dell’attenzione siete comunque protagonisti perchè quello che voi potete dare alla vostra creatura è ben diverso (ma non meno importante) di quello che la mamma può dare. Un po’ come quando il bimbo nella pancia poteva sentire la vostra voce da vicino perchè solo voi (e non la mamma sempre presente ma da lontano) potevate sussurrargli nelle orecchie e spostarvi mentre lo facevate. In quei momenti gli avete insegnato e fatto sperimentare che ci sono direzioni diverse, che esiste lo spazio. Più avanti lo aiuterete ad accorgersi che voi siete altro da sé, (un sé costituito dalla diade con la madre) e rappresentate ciò che è diverso, insomma fate la differenza. Siete diversamente protagonisti di quest’avventura. E se proprio non vi va di esserlo diversamente, potete sempre “ricorrere” alla “sindrome della couvade” (Thretowan W.C, 1965) grazie alla quale, per 9 mesi, avrete anche voi nausee, coliche e altri disturbi psicosomatici che ricordano che anche voi, a modo vostro, state “aspettando”.